La Giornata della Statistica, 20 ottobre
di Ugo Cirilli
L’attualità ci ha ricordato più volte l’importanza dei dati, per prendere decisioni, capire fenomeni e tendenze.
La scienza che li analizza è la statistica: un ramo del sapere che ha origini davvero antiche. Sembra infatti che già nell’antico Egitto venissero effettuati censimenti della popolazione e rilevazioni dei beni per fini fiscali. Nell’antica Roma queste pratiche divennero comuni.
Oggi la digitalizzazione ha permesso enormi progressi statistici, con una rapidità e un’accuratezza prima impensabili.
Ma al centro rimane sempre l’abilità umana nella selezione, nella catalogazione e nella lettura dei dati. In un periodo in cui sentiamo parlare spesso di big data, grandi quantitativi di informazioni in continuo aggiornamento, è più che mai essenziale sapersi orientare scegliendo le giuste fonti e analizzando la realtà.
Per sottolineare l’importanza della statistica, il 20 ottobre si celebra una ricorrenza specifica, il World Statistics Day, la Giornata mondiale della Statistica.
Venne lanciata per la prima volta nel 2010 dalla Statistical Commission delle Nazioni Unite. Nel 2015 si tenne una seconda edizione, con la decisione di celebrare la ricorrenza ogni 5 anni a livello mondiale.
In Italia, nella stessa data, si tiene anche una versione nazionale dell’evento: la Giornata italiana della Statistica. A cadenza annuale, giunge quest’anno all’undicesima edizione ed è promossa dall’ISTAT e dall’Istituto nazionale di Statistica.
Un’occasione per organizzare eventi divulgativi e diffondere la conoscenza di questo importante ambito scientifico, sensibilizzando i cittadini sull’importanza dei dati attendibili.
Per l’occasione il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea ha presentato il suo rapporto 2021 sulle condizioni occupazionali dei laureati del settore.
Quanto emerso incoraggia chi vuole dedicarsi agli studi statistici: a un anno dalla laurea il 92,5% dei laureati lavora, a cinque anni il 92,8%. Anche la retribuzione netta mensile dichiarata da chi trova lavoro nel settore è alta: dal rapporto risulta di 1.437 € a un anno dalla laurea, 1.746 € a cinque anni.
Chi desidera avvicinarsi al settore ma si spaventa all’idea di affrontare una mole di numeri, può navigare sul sito web dell’ISTAT per un approccio molto diretto.
Il database presenta dati suddivisi in sezioni, che ci illustrano vari aspetti dell’attualità. Ad esempio, possiamo scoprire quanti libri sono stati letti mediamente nel 2020 da varie fasce d’età, oppure scoprire quante persone hanno viaggiato e quante invece hanno rinunciato, e per quali ragioni.
O ancora conoscere il rapporto con il web della popolazione di varie fasce anagrafiche, in termini di giorni di utilizzo, o il grado di soddisfazione (o insoddisfazione) espresso dai cittadini per vari aspetti della quotidianità, dalla situazione economica alla vita sociale.
Insomma, gli apparentemente “freddi” numeri si animano e si trasformano in un affresco dell’Italia di oggi, utile per capire cosa ci attende nel futuro prossimo e in quali direzioni focalizzare gli interventi statali.
Al di là delle questioni di più pressante attualità, a volte la statistica si focalizza anche su eventi insoliti e ci svela aspetti sconosciuti della realtà. Le curiosità di seguito ne sono un esempio!
- Il 44% degli utenti di Twitter non ha mai effettuato un twitt, il post del social, né un retwitt (una ricondivisione di contenuti altrui). Del resto, spesso si crea un account soprattutto per seguire enti e personaggi famosi.
- Il 40% dell’energia mondiale è consumata dagli edifici; metà del quantitativo, in particolare, per riscaldare e rinfrescare gli ambienti. Un dato sul quale riflettere, in uno scenario in cui lo spreco energetico e il global warming minacciano il mondo.
- Si stima che l’Empire State Building di New York sia colpito dai fulmini 25 volte l’anno.
- In media un post di Instagram contiene 10,7 hashtag. Si stima che ogni secondo la comunità di utenti metta circa 8500 like.
- Il 97% della popolazione mondiale parla il 4% delle lingue conosciute. Quindi il resto delle lingue, il 96%, è utilizzato solo dal 3% della popolazione.