Alla scoperta dei vulcani, dai miti antichi alla scienza
di Ugo Cirilli
Con il loro aspetto maestoso e l’idea di una forza “dormiente” che potrebbe esplodere, i vulcani affascinano e inquietano l’uomo da sempre. Non a caso, nell’antichità queste formazioni geologiche hanno ispirato leggende in tutto il mondo.
Ad esempio in Giappone si dice che il sacro monte Fuji-Yama, vulcano e vetta più alta del Paese, venne creato da un gigante e sia abitato da divinità. Nella tradizione delle Hawaii il cratere del vulcano Kilauea è considerato la casa della dea Pelea. Una leggenda avvolge anche il nostro Etna. Secondo gli antichi Zeus, il padre degli dei, si scontrò con i giganti chiamati Titani per il controllo dell’universo, sconfiggendoli. Decise quindi di imprigionarli e uno di loro, Encelado, venne recluso sottoterra. Proprio in quel punto sorse l’Etna: le eruzioni sarebbero l’alito incendiario del gigante, i tremori della terra le scosse provocate dai suoi bruschi movimenti.
Cosa sono, in realtà, i vulcani che hanno ispirato tante credenze?
La loro origine è dovuta allo scontro tra due placche della crosta terrestre. L’urto genera il magma, una miscela di roccia fusa, acqua e sostanze gassose con una temperatura tra 650 e 1200° C. Il magma tende a salire verso l’alto perdendo i gas e le altre sostanze volatili: prende il nome di lava e arriva a fuoriuscire dalla crosta terrestre, attraverso la formazione geologica che conosciamo come vulcano.
I vulcani vengono classificati in base all’aspetto: a scudo, a cono, sottomarini e fissurali o lineari. I principali vulcani della Terra hanno la forma a scudo, ma quella a cono è probabilmente la più nota. Si verifica quando il magma, molto viscoso, risale con difficoltà e si trasforma in lava acida, che solidifica in fretta. Assieme ad alcuni materiali solidi espulsi, la lava forma degli strati che originano il caratteristico cono. Da questi vulcani possono avvenire eruzioni molto potenti perché il materiale denso tende a formare un “tappo”, che viene spazzato via solo quando la pressione interna diventa piuttosto forte. Un evento di questo tipo fu la storica eruzione del Vesuvio, che distrusse Pompei ed Ercolano.
Un altro tipo di classificazione dipende dal tipo di attività. Si dicono vulcani quiescenti o in quiete quelli in fase di “riposo”, che abbiano eruttato una volta negli ultimi 10.000 anni. Sono invece spenti, o estinti, quei vulcani la cui ultima eruzione risalga a oltre 10.000 anni fa. I vulcani attivi, invece, hanno prodotto eruzioni negli ultimi anni e con una certa frequenza.
Chiaramente questi ultimi sono il tipo più pericoloso. Il 24/03 l’Etna ha manifestato la sedicesima attività parossistica da febbraio, con l’emissione di lava e di una nube di ceneri alta circa 6 km. Questa ha portato alla chiusura della pista dell’aeroporto di Catania e di parte dello spazio aereo, inoltre ceneri e lapilli (frammenti solidi di lava) hanno danneggiato vivai e coltivazioni agricole.
In Islanda il 19 marzo ha avuto inizio una spettacolare eruzione del vulcano Fagradalsfjall, la prima da quasi 800 anni. Nonostante la momentanea assenza di gravi pericoli, le autorità hanno raccomandato agli abitanti della zona di tenere le finestre chiuse e interdetto l’area al pubblico, temendo l’apertura di altre spaccature. Una decisione necessaria poiché molti escursionisti si erano avvicinati per ammirare il fenomeno, con tanto di grigliate sulle braci in raffreddamento. Nel 2010 nel Paese scandinavo avvenne la famosa eruzione del vulcano Eyjafjallajökull, che comportò notevoli problemi al traffico aereo europeo.
Particolare attenzione in Italia viene rivolta al Vesuvio, considerato potenzialmente uno dei più pericolosi a livello internazionale poiché circondato da aree abitate. L’ultima eruzione avvenne nel 1944 e le ipotesi sul suo futuro divergono: qualcuno teme un prossimo risveglio, altri pensano che questo avverrà non prima di 50 anni, o addirittura trascorsi secoli. Tutti i segnali, come emissioni gassose e piccoli terremoti, vengono comunque monitorati.
Insomma, con i giganti addormentati non è il caso di scherzare. Alcuni ricercatori britannici hanno elaborando due algoritmi per prevedere le eruzioni vulcaniche, tramite dati raccolti dai satelliti. Un team internazionale, formato anche da vulcanologi dell’Università di Palermo, ha invece testato in Nuova Guinea l’uso di droni per monitorare le emissioni gassose dei vulcani. Un sistema che consente di stimare la profondità del magma e il rischio di eruzione, raccogliendo dati in sicurezza a una distanza che per le persone sarebbe pericolosissima.
Se i vulcani possono avere conseguenze tanto spaventose, possiamo chiederci a cosa servano veramente. Sono davvero la maledizione di antichi giganti sconfitti, che vorrebbero riconquistare il mondo? Ancora una volta, è la scienza a spiegarci il senso di un aspetto tanto inquietante della natura. I vulcani producono elementi chimici fondamentali per la vita sulla Terra. Si pensa che possano aver contribuito alla formazione dell’atmosfera e degli oceani; inoltre, secondo un’ipotesi, i primi esseri viventi sarebbero apparsi proprio presso alcuni vulcani sottomarini. Ancora oggi, del resto, i terreni attorno ai vulcani si rivelano spesso fertili per la ricchezza di elementi.
Così, il vulcano diventa emblema di una natura in continuo dinamismo, che può distruggere ma anche creare. Una natura da rispettare e conoscere, senza sfidarla correndo inutili rischi.