Il nostro rapporto con gli animali: com’è cambiato nel tempo
di Ugo Cirilli
L’uomo e gli animali. Una suddivisione che non ha molto senso, visto che anche noi siamo in tutto e per tutto appartenenti al regno animale. Eppure, da quando abbiamo iniziato a colonizzare e dominare il Pianeta, è nata questa invisibile linea di demarcazione: da una parte l’essere umano, dall’altra il resto delle creature viventi, sulle quali ha spesso potere.
Furono i nostri antenati a instaurare con gli animali un rapporto che fosse diverso da quello preda-predatore, ma basato anch’esso sull’utilità.
Si ritiene che intorno al 10.000 a.C. sia nata l’agricoltura e, già nel Neolitico, venne addomesticato e utilizzato il primo animale per arare i campi: l’uro, un antenato dei moderni bovini che poteva raggiungere l’altezza di 175 cm. Con l’avvento dell’allevamento, diverse specie iniziarono ad essere allevate e utilizzate per l’alimentazione umana.
Anche l’abitudine di avere animali domestici ha origini molto antiche, legate inizialmente alla sopravvivenza. Sembra che i primi cani, che forse erano esemplari di lupo, vennero addomesticati tra 19.000 e 36.000 anni fa divenendo alleati dell’uomo nella caccia e nella difesa.
Il successo attuale dei pet
Con il trascorrere dei secoli, il rapporto dell’uomo con gli animali ha attraversato varie trasformazioni, a seconda delle epoche e delle culture.
Oggi i pet incontrano una grandissima popolarità. In Italia nel 2018 si contavano circa 60 milioni di animali domestici, in particolare pesci (circa 30 milioni), cani e gatti (circa 15 milioni in tutto) e uccelli (circa 13 milioni). Il mondo del petcare, ossia della cura e dell’allevamento degli amici pet, è un vero e proprio business in cui nascono a volte trovate al limite dell’incredibile. È il caso degli hotel di lusso in cui anche il cane o il gatto di casa possono trascorrere una vacanza da nababbi, con giochi, pet sitter, addirittura massaggi e menu elaborati appositamente.
Il legame tra padrone e animale domestico, del resto, può essere davvero fortissimo. Lo dimostra una singolare vicenda avvenuta nel 2018 a Milano, quando un anziano 90enne alla sua morte ha lasciato l’eredità al suo cane. Tor, questo il nome dell’animale, un giorno aveva salvato il padrone colto da un malore, abbaiando e richiamando così l’attenzione dei vicini. L’uomo non dimenticò mai l’episodio e il cagnolino si è ritrovato erede universale di un patrimonio da circa un milione di euro, con testamento regolamentare redatto con la consulenza di un avvocato. Attraverso un esecutore testamentario, un amico del 90enne, la somma viene impiegata per le esigenze di Tor. Alla morte del cane, il rimanente sarà devoluto ad alcune associazioni che si occupano degli animali.
Cosa può esserci di più sorprendente, per testimoniare il legame uomo-animali domestici? Forse alcune notizie recenti relative alla… clonazione dei pet: un settore in espansione. Ad esempio in Cina un’azienda, la Sinogene, si è specializzata in questo ambito proponendo la clonazione di gatti, cani e cavalli. Gli scienziati prelevano alcune cellule dall’animale morto, che deve essere stato conservato a basse temperature, innestandole in ovuli congelati della stessa specie. Successivamente si avvia una gravidanza con madre surrogata. I prezzi? Non esattamente alla portata di tutti. L’imprenditore Huang Yu, ad esempio, ha pagato il corrispettivo di 30.000 euro per ottenere un clone di Garlic, il suo amato gatto. Se questa appare già una cifra impressionante, un miliardario americano ha investito addirittura 5 milioni di dollari per far clonare la sua cagnetta da un centro specializzato del Texas. E in America esistono due società che indicano come ragione sociale la clonazione di animali domestici.
È importante sottolineare che questo processo non riproduce esattamente l’amico a quattro zampe, ma ne genera un esemplare molto simile.
Un’altra faccia del rapporto con gli animali: l’allevamento
Se il rapporto con i pet ha raggiunto vette incredibili, arrivando quasi a una personificazione degli animali, decisamente meno rosea è la situazione relativa all’allevamento.
Le associazioni animaliste puntano il dito contro gli allevamenti intensivi, in cui viene prodotto il 50% della carne di maiale, il 70% di quella di pollame, il 60% delle uova e il 40% della carne bovina. Strutture in cui gli animali vivono al chiuso, spesso in spazi ristretti, ammassati gli uni contro gli altri e privati delle loro condizioni di vita naturali all’aria aperta.
Un settore che, sottolineano gli ambientalisti, oltre a infliggere sofferenze agli animali ha anche un notevole impatto sull’ecosistema, ad esempio per gli enormi quantitativi di foraggio che richiede.
Se vegetariani e vegani rinunciano alla carne, una via di mezzo per chi continua a mangiarla ma si oppone all’allevamento intensivo viene dall’allevamento etico. In questo caso gli animali, pur destinati all’uso alimentare, vengono cresciuti nel rispetto delle loro abitudini, magari nella libertà di un pascolo montano o di un bosco.
Il rapporto tra gli animali e l’uomo si presenta quindi molto variegato, tra luci e ombre: dall’amore sfrenato allo sfruttamento senza scrupoli. In attesa di un ritrovato equilibrio tra noi e la natura, un equilibrio al quale possiamo contribuire tutti.